Una nota filastrocca veneta definisce i padovani come “gran dottori”. Il soprannome deriva evidentemente dal fatto che Padova ospita un’antica università. I “gran dottori” sono comunque anche dotati di una bella dose di ironia, dal momento che definiscono Padova “la città dei tre senza”, ovvero: “Santo senza nome”, perché il patrono S. Antonio è semplicemente “il Santo” senza bisogno di ulteriori specificazioni; “caffè senza porte” è lo storico Caffè Pedrocchi, autentico monumento cittadino, un tempo aperto giorno e notte; “prato senza erba” è il Prato della Valle, la piazza più grande di Padova e una delle più estese d’Europa, che solo nell’isola centrale presenta della vegetazione. Anche con queste ironiche limitazioni, Padova resta comunque una città ricca di importanti testimonianze culturali e artistiche. Di antichissima origine, la città divenne sotto la dominazione romana un importante centro commerciale, quindi libero comune nel medioevo fino alla conquista, agli inizi del Quattrocento, da parte della Repubblica di Venezia. I percorsi per visitare la città sono molteplici, ma il punto di partenza comune per tutti è sicuramente piazza dei Signori, circondata di portici e ornata dal magnifico colonnato della Loggia della Gran Guardia. Qui sorgeva il Palazzo della Signoria e qui si svolge nei giorni feriali un vivacissimo mercato (le vicine piazze hanno i nomi inconfondibili di piazza della Frutta e piazza delle Erbe).

Si prosegue verso la via Oberdan per imboccare il cosiddetto Listón, l’area delle passeggiate e degli acquisti nei negozi più raffinati della città. Tradizionale punto di incontri dei padovani, il Listón è circondato dal Palazzo degli Anziani, della fine del Duecento, antica residenza comunale (oggi trasferita al vicino Palazzo Moroni) e dal Palazzo del Bò, sede storica dell’Università fondata all’inizio del XIII secolo, dove hanno insegnato, tra gli altri, Galileo e Copernico. In un angolo, il “caffè senza porte”, il Pedrocchi, costruito agli inizi dell’Ottocento in stile neo-gotico. Ritrovo preferito di scrittori e artisti quali Stendhal (che lo definì il migliore d’Italia), Ippolito Nievo, Gabriele D’Annunzio, Eleonora Duse, Tommaso Marinetti, il Caffè ospita tra le sale magnificamente decorate le Gallerie del Pedrocchi ed il Museo del Risorgimento. Dal Listón, verso piazza Cavour si arriva alla chiesa di S. Andrea del XII secolo rimodellata nel XVII. Di fronte alla chiesa si trova la Colonna della Gatta, una delle ironiche icone della città, da molti ritenuta una presa in giro dei veneziani, che usavano disseminare ovunque statue e bassorilievi con il leone di S. Marco.

Rientrando verso il centro si costeggia la chiesa di S. Lucia, che conserva un quadro di S. Luca del Tiepolo, affiancata dall’Oratorio di S. Rocco, sede di mostre temporanee, e si giunge alla chiesa romanica di S. Nicolò, in una magnifica piazzetta in stile medievale. Tornati nella piazza dei Signori si procede per via Roma e via Umberto I fino al Prato della Valle, grandiosa piazza ellittica di quasi novantamila metri quadrati di superficie, superata solo dalla Piazza Rossa di Mosca. La piazza, sistemata verso la fine del Settecento, è circondata da un canale ornato di statue raffiguranti celebri personaggi del passato. Poco distante si trova la piazza del Santo, egualmente di grandi dimensioni, che ospita la basilica di S. Antonio, di fronte alla quale si trova la statua equestre del Gattamelata della metà del Quattrocento, splendida opera di Donatello.

La basilica di S. Antonio, costruita nei primi anni dei Duecento in onore del santo francescano morto a Padova nel 1231 e decorata dai più grandi artisti di diverse epoche, è meta continua di pellegrini da tutto il mondo. Costeggiando la lunga via Zabarella si giunge infine alla chiesa degli Eremitani, decorata dal Mantegna, e alla Cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto, un’autentica rivoluzione medievale nel modo di intendere l’arte. Le delicate condizioni della Cappella e degli affreschi impongono ingressi programmati a piccoli gruppi e la necessità di prenotare con anticipo la visita. Ma non si può certo venire nella città dei “tre senza” per aggiungerne un quarto: “senza vedere gli affreschi di Giotto”!