Per visitare Venezia, può forse rivelarsi utile il suggerimento dello scrittore Tiziano Scarpa: “Lascia che sia la strada a decidere da sola il tuo percorso, e non il percorso a farti scegliere le strade. Impara a vagare, a vagabondare.” D’altra parte, come si può seguire un percorso astrattamente prefissato in una città interamente considerata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità? Meglio allora munirsi di una buona guida della città, individuare qualche punto di riferimento di massima e partire all’avventura. Venezia è una città che a tutti sembra di conoscere: la si vede nei film, dai capolavori di Visconti “Senso” e “Morte a Venezia”, ai tre film (sinora) dell’agente 007 (per gli appassionati: “Dalla Russia con amore”, “Moonraker” e “Casinò Royale”), da “Pane e tulipani” a “Il mercante di Venezia”, per citarne solo alcuni in una lista destinata ad allungarsi continuamente; è lo sfondo di tante commedie di Carlo Goldoni recitate in quel dialetto morbido che solo i nativi sanno padroneggiare abilmente; è la città di Casanova, Vivaldi, Canaletto, Tiziano, Giorgione. Chi può dire di non conoscerla? Poi si arriva di fronte ai canali e la magia della città prende il sopravvento.

Chi pensa più, nell’intrico di calli e di canali della Serenissima, che la città venne fondata nel V secolo dagli abitanti della terraferma che qui cercavano rifugio contro le invasioni barbariche? Non resta più niente di quei tempi lontani, anche perché Venezia si liberò presto dal controllo dell’Esarcato di Ravenna, per diventare repubblica indipendente per oltre mille anni, in rapporto diretto con l’impero bizantino, città di mercanti intraprendenti e padrona dei mari. Ecco allora un possibile percorso attraverso le calli della città, da seguire finché qualcosa di diverso attira la nostra curiosità. Usciti dalla stazione si procede in direzione di piazza S. Marco. Si può attraversare il Canal Grande sul Ponte degli Scalzi, poco fuori della stazione, e proseguire in un labirinto di piccole calli silenziose fino a quando si vede apparire lo splendido Ponte di Rialto, costruito alla fine del Cinquecento, uno dei simboli della città. Passato il ponte, ci si torna a perdere in un intrico di calli e campielli finché si sbuca improvvisamente in piazza S. Marco, il cuore della città, l’unico spazio definito come piazza (le altre infatti sono chiamate “campi” o “campielli”).

La basilica di S. Marco, dell’XI secolo, è sovrastata da cinque enormi cupole, con la facciata rivestita da mosaici che raccontano la storia di Venezia. Sopra la porta principale, le copie dei quattro cavalli bronzei portati da Costantinopoli nel corso della Quarta Crociata (1204). A fianco della basilica sorge il Palazzo Ducale, del IX secolo ma ampiamente rimaneggiato più volte nei secoli successivi, sede del governo della Serenissima e oggi trasformato in museo per ospitare mostre temporanee. Il campanile di S. Marco, di fronte al Palazzo Ducale, è in realtà la copia dei primi del Novecento dell’originale costruito alla fine del XII secolo e crollato nel 1902. Piazza S. Marco si affaccia sul canale dalla Riva degli Schiavoni. Lo spettacolo è affascinante: a destra la maestosa basilica barocca di Santa Maria della Salute costruita dal Longhena nella seconda metà del Seicento come ex voto per la liberazione di Venezia dalla peste del 1630; di fronte la basilica di S. Giorgio Maggiore, sull’isola omonima, progettata dal Palladio e terminata tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento.

Proseguendo lungo la Riva degli Schiavoni da non perdere il piccolo Ponte dei Sospiri, così chiamato perché univa Palazzo Ducale con le Prigioni Nove. Si può tornare verso la stazione passando per le Fondamenta Nuove, che si affacciano sulla laguna verso le isole di S. Michele, Murano, Burano e Torcello, e l’antico Ghetto di Cannaregio, ancor oggi sostanzialmente integro nella sua struttura architettonica. Dove cenare, in una città che spesso riserva amare sorprese ai turisti in cerca di piatti della tradizionale cucina locale, come le sarde en saor, i risi e bisi o il fegato alla veneziana? Solo un consiglio: meglio portarsi verso le piccole calli fuori mano e verificare che il ristorante prescelto sia frequentato dai veneziani. Oppure lasciarsi tentare dalla cucina ebraico-veneziana dei ristoranti del Ghetto.